venerdì 8 settembre 2017

No e sempre no ai cani di moda

Che le due razze siano in piena e forte ascesa ormai si è ravvisato da tempo e che questo non sia auspicio di conseguenze positive anche.
Abbiamo davanti agli occhi diversi esempi di razze rovinate geneticamente ed esteticamente per effetto delle tendenze del momento e l’idea che anche il Corgi possa subire simili mutamenti francamente mi terrorizza. 

Mi terrorizzano e pietrificano anche la quantità di messaggi che pervengono giornalmente alla nostra casella di posta elettronica con domande più o meno insulse, tanto che alla maggior parte rispondiamo, cercando di essere cortesi (e a volte è davvero faticoso!), in modo stringato ed evasivo con nessuna intenzione di affidare i nostri piccoli a persone tanto superficiali.
Allo stesso modo non riceviamo in visita persone che non abbiano già le idee chiare.

Perché spesso si pensa a un allevamento come a una struttura a se stante dove si trovano più o meno cani da vedere a giorni e orari fissi come in un negozio. Il nostro non è di questo tipo, i nostri pelosi vivono con noi e le persone che vogliono conoscerli visitano la nostra casa. Ecco, sono francamente stanca di ricevere nella mia casa, nella mia intimità chi molto spesso sta solo facendo il classico giro domenicale a vedere cuccioli anziché andare al Centro Commerciale e nel nostro caso visto che abitiamo vicino al mare dopo aver fatto la canonica passeggiata in spiaggia oppure, se è estate, dopo una giornata trascorsa ad abbronzarsi e li vedi arrivare paonazzi, in costume e ciabatte infradito!

Molte volte non sanno nemmeno la differenza tra il Cardigan e il Pembroke e sembra che uno valga l’altro purché sia Corgi, sicuramente con una leggera preferenza per “quelli arancioni”. Per carità, saranno anche affini, ma hanno pur sempre delle differenze, delle peculiarità, delle caratteristiche che li diversificano e che dovrebbero essere più che sufficienti per far riflettere su quale potrebbe essere dei due un futuro compagno di vita. Bè, fa niente, è lo stesso, sono inezie… ma siamo impazziti?!?!? Un’approssimazione, un pressapochismo inaccettabile se pensiamo che stiamo pianificando il destino dei nostri piccoli.
E dopo anni di campagne contro l’abbandono dove è stato sottolineato fino alla nausea di non regalare cuccioli in occasione del Natale, compleanno ecc., ecco ora proliferare, anche per le nostre razze, richieste di questo tipo e quando si tenta di spiegare perché non è positivo

scegliere un cane per interposta persona per poi regalarlo magari all’insaputa dell’interessato che probabilmente lo avrà visto in qualche film o cartone e avrà espresso ad alta voce  il classico desiderio di averne uno uguale ma allo stesso modo di chissà quanti altri “oggetti”, a quel punto sparisce tutta la giovialità espressa inizialmente e neppure ringraziano per i consigli regalati, comunque convinti che la loro altruistica idea di regalare un cane sia sempre la migliore!
Ma d’altra parte come si può reagire positivamente se la maggior parte delle richieste verte sulla disponibilità immediata del cucciolo e del costo. Dovrebbe essere chiaro e compreso che i nostri piccoli non sono merce esposta in un negozio, che il lavoro che facciamo dalla nascita fino al momento di separarcene è faticoso ma soprattutto colmo di amore per questi piccoli esseri pelosi e il nostro intento, speranza e volontà è quello di  trovare nel mondo la loro bipede anima gemella. Un bipede che li stia attendendo con trepidazione e non veda l’ora di colmare d’amore la propria vita e quella del suo futuro fedele amico quattro-zampe-corte.   
Lo scorso anno avevo scritto un post che già ravvisava un cambiamento nell’approccio delle persone all’acquisto di un Corgi ma a distanza di pochi mesi la situazione è sostanzialmente cambiata e le richieste di questo tipo non si contano. Che poi aldilà della richiesta si tratta anche di persone molte volte maleducate perché qualsiasi risposta diamo non si soffermano un minuto per ringraziare e presuntuose perché, quando si cerca di spiegare la motivazione di un diniego o una richiesta di ulteriori informazioni per cercare di capire le persone che ci troviamo di fronte, reagiscono offesi a morte come se li avessimo accusati di chissà quale gravissimo reato. Persone che non hanno mai avuto cani e sono convinti di sapere quale tipo di soggetto è meglio per loro. Persone che hanno avuto cani e nonostante tu spieghi che il Corgi non è un cane come gli altri se ne fregano e sono convinti di saperne di più di chiunque altro. Persone con figli poco educati che vorrebbero lasciare i miei preziosissimi fagottini pelosi in balia di mostruosi piccoli bipedi perché tanto “sono bambini”. Persone a cui piacciono molto ma li lascerebbero in giardino perché in casa sporcano.

Ecco, a tutte queste e altre che sicuramente ho dimenticato di citare vorrei dire di lasciar perdere, di rivolgersi altrove, di dimenticarsi della nostra esistenza e possibilmente anche di quella dei Corgi in generale perché persone così non giovano alla razza, a questa razza che per essere preservata e migliorata necessita di amore, conoscenza e perseveranza come è stato fatto finora.

giovedì 23 marzo 2017

Prima volta cuccioli...

Ricordo con chiarezza i periodi delle nostre prime cucciolate, quando avevamo già ben chiara l’idea di voler diventare allevatori di Corgi, questa meravigliosa razza che tanto ci aveva colpito e coinvolto. Non è stato così semplice iniziare perché le persone a cui chiedere consigli erano ben lontane da noi e non essendoci internet con cui usare agevolmente smartphone o pc, ogni piccola informazione di cui avevamo bisogno doveva assolutamente passare attraverso le lunghe attese delle lettere postali, le cui risposte, come si può ben si può capire, arrivavano puntualmente a problema risolto, nel bene o nel male. L’uso del telefono era impensabile, poiché presupponeva una conoscenza della lingua che nessuno di noi due possedeva.
Il nostro mentore, la persona che ci ha guidati e formati subendo con pazienza le migliaia di domande che dei giovani ragazzi voraci di informazioni le sottoponevamo è stata davvero per noi una grande guida. Inglese, allevatrice e giudice ci ha sempre consigliato senza imporre le sue idee ma motivandole sempre, come sempre andrebbe fatto per non risultare prevaricanti o per non sortire come con i figli un effetto contrario a quanto viene trasmesso loro come verità assoluta. I nostri primi Corgi sono arrivati dall’allevamento inglese “Shallianne” di Sheila Burgess e come dei bravi allievi cercavamo di seguire tutte le indicazioni che ci dava. Cosa non sempre facile, perché si trattava non solo di tradurre una lingua, ma tutto un mondo cinofilo che non trovava termini di riferimento dalle nostre parti. Giangi divorava ogni tipo di pubblicazione disponibile ovviamente in lingua
inglese, poiché in italiano sui Corgi nulla è mai stato scritto, cercando di dare una risposta ai mille quesiti che febbrilmente si formavano nella sua mente dal momento in cui aveva deciso che quei buffi ma straordinari pelosi avrebbero fatto parte della sua vita per sempre. Non posso dire che sia sempre stato facile ma con buona volontà, tanto rispetto per il nostri Corgini e consigli utili di cui far tesoro abbiamo imparato a essere ciò che siamo.
Ecco, questa è la premessa per iniziare a parlare di un argomento che mi sembra importante in questo momento, un momento in cui in Italia i Corgi sono molti e soprattutto destinati ad aumentare numericamente, senza sapere però se sociologicamente e caninamente parlando, a livello cinofilo, questo fenomeno possa essere definito un fattore positivo o meno.

L’evento chiave si realizza nel momento in cui nella mente del felicissimo proprietario di una Corgina si fa strada il desiderio di riprodurre tanta gioia. Sentimento più che lodevole, però siamo certi che questo sia davvero tutto ciò che serve, insieme alle amorevoli cure per i futuri cuccioli, per “ricreare” esattamente quella piccola gioia a 4 zampe che riempie di vita le vostre giornate? Allevare una cucciolata, scegliere (o non scegliere) i riproduttori, significa sostituirsi a Madre Natura. Madre Natura non sceglie a caso, seleziona il migliore secondo regole precise, alcune delle quali a noi note, altre ancora oggetto di studio, scientifico e filosofico. Comprenderlo appieno ci è forse impossibile, però oggi abbiamo appunto dati precisi che consentono di orientarci sempre con maggiore coscienza verso un allevamento il più possibile consapevole. Si tratta quindi di coscienza etica e di conoscenza, che ne nasce come evidente esigenza. D’altro canto è assai noto nel mondo della cinofilia come nel corso degli anni le
mode legate alle varie razze e il seguente fiorire di cucciolate “casalinghe” e meno curate sul piano della selezione dei riproduttori ne abbiano sempre puntualmente determinato il decadimento sia sul piano morfologico che su quello della salute.
Che fare dunque, se abbiamo voglia di far riprodurre i nostri soggetti e siamo alla nostra prima esperienza e non vogliamo contribuire al decadimento della razza? Come districarsi dunque in questo mondo, tra le mille difficoltà che si incontrano quando si decide di fare una cucciolata con la principessa di casa oppure si è all’inizio di quella che potrebbe essere una futura attività di allevamento? Non possiamo pretendere una conoscenza approfondita a priori: per quella servono anni, passione, costanza perché soprattutto non si finisce mai di imparare. Occorre una guida, un mentore, qualcuno che abbia la conoscenza e il desiderio di condividerla. Questa figura chiaramente dovrebbe essere quella del vostro allevatore, perché ritengo che questo sia uno degli aspetti fondamentali che comporta l’etica di allevare, occuparsi e seguire, aiutare a tracciare la strada di chi ha desiderio di dare il proprio contributo.

Ci sono sicuramente moltissime cose da sapere sia sul piano della pratica che su quello della burocrazia. Non è tutto semplice come sembra e spesso il neofita tende a sottovalutare la realtà di molte problematiche, poiché ne ignora l’esistenza. Tutto inizia dalla scelta del riproduttore, del “marito”, scelta che va effettuata su basi morfologiche, ma anche sulla base di quelle che sono le eventuali certezze sullo stato del suo DNA (come vedremo dopo). Vi sono difficoltà che insorgono durante la gestazione o il parto, vi è infine l’aspetto legislativo e documentale, satollo della burocrazia che in Italia non manca mai, che ti vuole diviso tra denunce di nascita presso enci e asl secondo tempistiche scandite e ovviamente, sempre diverse per i medesimi motivi. Serve iscrivere i nuovi nati presso l’Asl, ma occorre ripetere il tutto presso l’enci per ottenere il pedigree. Diversamente dal concetto più diffuso di pedigree, non si ratta di una carta che nobilita il cane, non è qualcosa che dice che è bello, che è “puro”.
E’ semplicemente la sua carta d’identità. Costa solo 25 euro ma è un pezzo di carta importantissimo perché racconta il vostro peloso, vi dice chi sono i suoi genitori e i progenitori, ne riporta i titoli e i riconoscimenti ottenuti, in alcuni casi anche indicazioni relative a controlli sanitari. Solo che occorre saperlo “leggere”, non solo per quanto riguarda la decodifica delle sigle (!!!!), ma soprattutto perché serve qualcuno che sappia dare un volto a quei nomi, che ne ricordi la morfologia, che conosca ciò che hanno passato negli anni alla loro prole, nel bene e nel male, che sappia integrare con la conoscenza e il ricordo le informazioni del pedigree.
La conoscenza è sempre una grande alleata nelle imprese che si intendono intraprendere! E la conoscenza approfondita del pedigree è il punto di partenza per capire la direzione in cui andare se si intende iniziare ad allevare con cognizione di causa. Purtroppo le azioni fatte inconsapevolmente non portano sempre buoni risultati e nel voler produrre una cucciolata non ci si può affidare alla sorte sperando vada bene. Non ci si può fidare soltanto di quel che
si vede, perché un patrimonio genetico è costituito da caratteristiche dominanti (e quelle si vedono) e una infinità di recessive, che rimangono nascoste nel dna per generazioni sino a che non ne incontrano un’altra di uguale: allora scatta il problema. Sta in “quel che non si vede” la difficoltà dell’allevamento, la necessità dello studio della trasmissione dei caratteri ereditari, delle quattro leggi di Mendel. Ed è proprio la mancata conoscenza della trasmissione delle patologie recessive che, immancabilmente, finisce per determinare l’insorgenza di quelle patologie che poi vengono identificate come “di una determinata razza”. Patologie recessive che condividono con tutte gli altri canini (meticci inclusi), ma che ripetuti incroci scellerati hanno diffuso in maniera esagerata senza che nessuno se ne accorgesse.
Un tempo, mancando molti supporti scientifici il sapere degli allevatori era l’unica fonte a cui attingere per cercare di conoscere il proprio soggetto il più a fondo possibile. Oggi invece per fortuna sono disponibili i test genetici per le varie malattie geneticamente trasmissibili e con una modica spesa, un po’ di pazienza e in maniera del tutto indolore per i nostri quattro zampe si riescono a definire i loro profili genetici almeno in parte e relativamente ad alcune patologie. Avere in mano il risultato di un test genetico però non è tutto, perché bisogna saperne fare un buon uso, bisogna cioè anche qui essere in grado di interpretarlo, metterlo in relazione e compararlo con il patrimonio genetico del peloso che sceglieremo come marito o moglie per il nostro Corgi.
 E ancora una volta torna utile la figura dell’allevatore, colui che vi ha affidato il vostro beniamino. Lui dovrebbe essere depositario di quelle conoscenze che ci servono. Da quelle riportate nel pedigree più o meno chiaramente a quelle genetiche. E’ la persona che sicuramente meglio di tutti conosce la genealogia e le linee di sangue del vostro peloso e vi potrà consigliare al meglio sul riproduttore da scegliere. Sarà anche colui che potrà seguirvi durante la gravidanza della vostra Corgina dissipando strada facendo dubbi e paure su possibili intoppi di percorso e vi aiuterà ad arrivare al fatidico momento preparati al meglio e già con un sacco di consigli per ogni evenienza.

E poi ancora durante la crescita e lo svezzamento dei piccoli, insomma tutti quegli step che sono importanti affinché un cucciolo cresca sano ed equilibrato, pronto per affrontare la bellissima vita futura che lo attende. Sollevandovi quindi il più possibile dagli oneri che sorgono per mancata pratica e lasciandovi liberi di godere appieno della gioia incredibile che reca in casa la nascita di una cucciolata. Gioia immensa, perché la soddisfazione di aver dato il proprio fondamentale contributo alla nascita di piccoli pelosi è davvero impagabile, così come sedersi in mezzo a loro mentre muovono i primi passi, seguirne la crescita. Ma tutto questo non dev’essere l’unico motore che spinge ad affrontare un’impresa di questo tipo perché non è che un elemento, uno dei tanti aspetti che compone quella infinita meraviglia che è una nascita.



lunedì 16 gennaio 2017

Capobranco... il Corgi come il Lupo

Al tempo in cui mi accostai per la prima volta al mondo dei lupi mi parlarono di un leader: “il branco di lupi ha un capo” si diceva, “il branco segue rigide gerarchie!” L'immagine che quindi si formò nella mia fantasia ricalcava molto il mondo di Akela di Kipling, che guardava il suo branco dall'alto della rupe e in realtà quello che poi si trovava scritto nei libri non si discostava molto dalla lettura cartoonistica che ne avrebbe offerto anche Walt Disney qualche anno dopo.

Poi, negli anni, aumentò l'interesse da parte degli studiosi e, grazie all'evoluzione tecnologica che consentiva osservazioni sempre più accurate, unita alla reintroduzione del lupo in vaste aree del pianeta, ci accorgemmo che le cose relativamente alla leadership del branco non sempre andavano come avrebbe voluto il disegno che avevamo in mente di “rigida” gerarchia. Sicché qualcuno iniziò a dimenticarsi il “rigida”, mentre qualcun altro andava osservando che, orrore degli orrori, si osservavano branchi che durante gli spostamenti e la caccia seguivano una femmina! Tutto questo con buona pace dei maschi bipedi, siano essi pure scienziati, che riescono ad estendere la propria necessità “machista” a tutte le specie viventi sul pianeta... e non avevano mai messo in dubbio il tipo di attributi che doveva possedere l'Akela di turno.
Non è stata però una mediazione di tipo politicheggiante, tesa ad accontentare entrambe le fazioni (in questo caso, sessi) in campo a fornire la reale risposta a tutto questo, perché ben presto si capì che in realtà vi era una coppia dominante all'interno del branco, che si aiutava e intercambiava nel guidare gli altri e che, soprattutto, si riproduceva.
Ancora una volta non era la visione più corretta, anche se in questo caso non possiamo onestamente parlare di estensione di retaggi maschilisti o altro da parte degli osservatori. Il problema infatti era semplicemente causato dal fatto che i gruppi che riuscivamo a osservare erano ancora comunque, dopo anni di persecuzioni, abbattimenti delle prede naturali e impoverimento dell'habitat naturale da parte dell'uomo, numericamente
esigui, a differenza di quelli odierni che si sono sviluppati notevolmente grazie appunto agli anni di lavoro di reintroduzione e tutela negli ambienti naturali dove ormai si era quasi o del tutto estinto. L'osservazione di questi gruppi estesi ci ha consentito di studiare in maniera decisamente più approfondita la complessa socialità del lupo, che ancora oggi non smette di stupirci, soprattutto per quel che riguarda i rapporti sociali tra i vari elementi che compongono il branco. Ed è così che anche l'immagine della coppia dominate ha iniziato a vacillare, per aprirsi verso un concetto nuovo di “gruppo dominante” che al suo interno ha dei precisi punti di riferimento (i vecchi “capi”) ai quali spetta l'onere di collettare l'esigenza del gruppo e quindi guidarlo laddove sia più opportuno.
Che, attenzione, si è osservato , non è sempre ciò che desiderano fare coloro che, diciamo, “guidano” il gruppo. Insomma, un bel cambiamento rispetto all'immagine anni 60 del capobranco, stereotipato nella sua forza predominante e caratteristiche simil-ducesche che guidava la vita dei gregari grazie alla forza con piglio impositivo e volitivo, pena la sottomissione tramite lotta. Il capo dei lupi, così come lo si è riuscito a conoscere oggi è più che altro colui che ha la prima e ultima parola, ma che nel pronunciarla si attiene a quelle che sono le esigenze del gruppo, che gli vengono comunicate dagli altri e sancite dal suo gruppo di “fidati” anche di fronte a nuove situazioni. E' quindi colui il quale ha la capacità di interpretare le esigenze di tutti e, valutando la situazione, proporre la risposta migliore, quella cioè che accontenta il branco, che risponde alle esigenze del branco.
Tutto questo ovviamente con il prezioso ausilio della sua cerchia più stretta e del suo compagno o compagna in primis e naturalmente quando non si parla di caccia in senso stretto, unico momento in cui inequivocabilmente con sguardi e movimenti il leader guida il branco a stringere sulla preda. Escludendo questo ultimo caso, si osserva un comportamento dove nell'80% delle volte il leader sembra “accontentare” le esigenze del branco, riservandosi il ruolo di primo assoluto (o primi..) solo nelle situazioni chiave: il momento in cui si accede al cibo (mangia per primo), quello in cui ci si sposta (cammina davanti a tutti), i luoghi che occupa (si siede o sdraia su luoghi più elevati rispetto agli altri e ha una tana tutta sua).


Fermiamoci qui e mettiamo vicino a queste ultime informazioni e percentuali la nostra conoscenza, la quale ci dice che il Corgi è la razza che raggiunge l'età mentale più evoluta, ovvero la più adulta: in altre parole è quasi un lupo adulto, che conosce le regole del branco dei lupi (non più quelle della cucciolata del branco) e vi si attiene. Non vi è traccia nella sua mente del mondo dei cuccioli, non vi sono mamme e fratelli... ci sono altri elementi del branco con cui relazionarsi.

E ancora, fermiamoci qui, sull'immagine del lupo che guarda il capo volgendo la testa e mantenendo il corpo perpendicolare per informarlo che in quella determinata situazione preferirebbe un'altra soluzione. Fermiamoci qui perché non importa se a parole non avete capito il movimento, basta solo che pensiate a come si posiziona e vi guarda il vostro Corgi quando lo richiamate da una situazione che lo attrae... quando magari non ha voglia di rientrare a casa e preferisce starsene fuori a girare in giardino. Guardiamo però anche a quell'80% delle volte in cui il leader “accontenta” i gregari... non assomiglia al ritorno del vostro cane quando lo chiamate? 8 volte su 10 torna, vero? Magari bisogna insistere per le altre due, che riguardano sicuramente situazioni importanti come altri cani con cui giocare o qualche porcheria da raccattare, vero? 

E si fionda sui divani (ricordate i luoghi elevati?) o ci prova, oppure tira al guinzaglio (il capo non può proprio stare dietro quando si esce in perlustrazione!) oppure fa il difficile con la pappa, mangiando solo quando voi gli state vicino o solo dopo che avete aggiunto determinate cose al cibo? Quanti “ahimè sì” vi ho strappato? Più ne avete trovati, più potete star certi di chi sia tra i vostri famigliari quello convinto di comandare. Ma in questo caso non serve preoccuparsi. Come ormai abbiamo capito si tratta di dittatori.... molto democratici!